ALTROVE – PILLOLA 3

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    Rimaniamo in Nigeria per proporvi la figura e l’opera di Ken Saro-Wiwa (1941-1995), attivista e scrittore che dedicò la sua vita a denunciare i danni causati dall’industria petrolifera delle grandi multinazionali nel delta del fiume Niger e che, per le sue battaglie e le sue proteste, fu arrestato dal regime militare e impiccato, dopo un processo farsa, il 10 novembre 1995 insieme ad otto suoi compagni.Dopo quasi 30 anni ancora si combatte per ottenere giustizia nell’Ogoniland e nuove storie di ingiustizia e sofferenza si vanno ad aggiungere a quelle degli arresti sommari e delle impiccagioni di quel 1995.

    Nei nostri percorsi didattici proponiamo da anni alle classi le parole penetranti di Ken Saro-Wiwa, le sue lettere, le sue poesie ed i suoi racconti che oggi più che mai ci toccano profondamente perchè chi è derubato della propria libertà di pescare, coltivare, respirare nel Niger Delta bussa prepotentemente alle nostre porte, in fuga da un territorio ostile anche se tra i più ricchi al mondo.
    Ken Saro-Wiwa fu anche sceneggiatore, uomo di teatro e regista televisivo, una figura sempre attuale.

     

     

    …tutti noi siamo di fronte alla Storia.

    Io sono un uomo di pace, di idee.
    Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto generosa di risorse; provo rabbia per la devastazione di questa terra; provo fretta di ottenere che il mio popolo riconquisti il suo diritto alla vita e a una vita decente.

    Così ho dedicato tutte le mie risorse materiali ed intellettuali a una causa nella quale credo totalmente, sulla quale non posso essere zittito.
    Non ho dubbi sul fatto che, alla fine, la mia causa vincerà e non importa quanti processi, quante tribolazioni io e coloro che credono con me in questa causa potremo incontrare nel corso del nostro cammino.

    Nè la prigione nè la morte potranno impedire la nostra vittoria finale…

    Un mese e un giorno. Storia del mio assassinio
    Ken Saro-Wiwa, Dalai Ed. 2010

    La Nigeria, in quanto nazione, non è nata nè per esigenze geografiche, nè come espressione di un’unità etnica.
    E’ stata, invece, il risultato della catastrofica rivalità tra le Grandi Potenze, che alla fine del XIX secolo erano in corsa
    per l’espansione coloniale.
    Da sempre è stata un’insignificante espressione geografica.

    Così scriveva Ken Saro-Wiwa in A Month and a Day. A Detention Diary.
    Penguin Books, London 1995, testo tradotto in italiano con il titolo Un mese e un giorno, Dalai, 2010.Il diario, oltre ad essere un racconto del periodo trascorso in carcere dallo scrittore nel 1993, è una sorta di testamento politico nel quale Saro-Wiwa spiega le ragioni del suo impegno per la causa degli Ogoni che avrà il suo culmine il 4 gennaio del 1993, proclamato dalle Nazioni Unite anno dei popoli indigeni di tutto il mondo, quando più di 300mila Ogoni, su mezzo milione, parteciperanno a un’imponente marcia contro la multinazionale del petrolio Shell e contro il regime militare nigeriano, complice della repressione che porterà poi alla forca Saro-Wiwa.

    Durante la lunga detenzione scrive, scrive, scrive e ci regala parole penetranti come la poesia

    LA VERA PRIGIONE

    Non è il tetto che perde
    non sono nemmeno le zanzare che ronzano
    nella umida, misera cella.
    Non è il rumore metallico della chiave
    mentre il secondino ti chiude dentro.
    Non sono le meschine razioni
    insufficienti per uomo o bestia.
    Neanche il nulla del giorno
    che sprofonda nel vuoto della notte.
    Non è
    Non è
    Non è.
    Sono le bugie che ti hanno martellato
    le orecchie per un’intera generazione.
    E’ il poliziotto che corre all’impazzata in un raptus omicida
    mentre esegue a sangue freddo ordini sanguinari
    in cambio di un misero pasto al giorno.
    Il magistrato che scrive sul suo libro
    la punizione, lei lo sa, è ingiusta.
    La decrepitezza morale.
    L’inettitudine mentale
    che concede alla dittatura una falsa legittimazione.
    La vigliaccheria travestita da obbedienza
    in agguato nelle nostre anime denigrate.
    E’ la paura di calzoni inumiditi.
    Non osiamo eliminare la nostra urina.
    E’ questo
    E’ questo
    E’ questo
    Amico mio, è questo che trasforma il nostro mondo libero
    in una cupa prigione.

    da Africa e Mediterraneo, n. 3, ’96, trad. di Cristina Boccafogli

    SOZABOY  A novel in rotten english

    Il romanzo capolavoro di Ken Saro-Wiwa, esce nel 1985 e solo nel 2005 verrà pubblicato in italiano, peraltro una delle poche opere dell’autore nigeriano tradotte nella nostra lingua.

    Il titolo suona come Ragazzo soldato: un romanzo in slang ossia in un inglese corrotto, sporcato dal pidgin nigeriano. Ed è la lingua diretta, popolare, sporca, colloquiale ad essere la grande forza del testo.

    Il libro è un vero e proprio manifesto contro la guerra, ispirato al conflitto del Biafra che devastò la Nigeria dal 1967 al 1970.

    L’io narrante è il giovane Mene, apprendista autista che oscilla fra qualche sprazzo di furbizia e abissi di ingenuità, dovuti soprattutto all’ignoranza di ciò che gli accade intorno. Il suo orizzonte è stretto: vuole guidare, trovare cioè un buon lavoro, e sposarsi. Mentre si continua a parlare di guerra, Mene è interessato solo a tessere la sua tela per sposare Agnes e ci riesce. Mentre si gode l’improvvisa felicità, il ragazzo scopre d’avere un problema: sua madre non vuole faccia il soza, cioè il soldato mentre Agnes pensa l’opposto. Lui non sa decidere. Nel villaggio l’unico uomo con esperienze belliche di 20 anni prima, in Birmania contro un misterioso e potentissimo Hitla (cioè Hitler) – ancora si sente un grand’uomo. Sempre più il ragazzo è tentato di arruolarsi. Gli appiccicano il soprannome Sozaboy. A quel punto il suo destino è segnato: convince la madre a dargli i soldi e corre ad arruolarsi.

    Il ragazzo-soldato inizia così l’addestramento in una dimensione di grande confusione.
    La guerra gli si avvicina e d’improvviso ci si ritrova catapultato dentro.
    Ken Saro-Wiwa non risparmierà a Mene, e al lettore, alcun orrore. Dappertutto, un sacco di carne umana ma tutta fatta a pezzettini! Dita, unghie, capelli…………
    All’interno del conflitto violentissimo assistiamo alla sua fuga disperata, Sozaboy torna a Dukana, il suo villaggio e lo trova distrutto. Tutti scappati tranne Bom e Duzia, che raccontano a Mene che i soza-nemici sono arrivati lì, a fare le stesse cose che gli altri soza (cioè l’esercito amico) avevano già fatto prima: Tutti voi soldati siete ovunque fatti allo stesso modo, uguali come monetine da due centesimi.

    Per Mene inizia un’altra odissea, alla ricerca della madre e di Agnes. Spera di trovarle in mezzo ai campi-profughi, un letamaio umano e tutta quella gente che ora chiamano rifugiati ormai è gente che hanno gettato via come immondizia.

    La conclusione del libro è inevitabilmente tragica: per Sozaboy come per tutti i nigeriani l’incubo non finisce quando uno dei due eserciti si arrende.

    Senza mai nominarla, Ken Saro-Wiwa attraversa la lunga guerra nata dalla secessione, fomentata dai francesi, del Biafra e tutti gli orrori che ne seguirono fra il 1967 e il 1970.
    Gli eserciti avversari non hanno nome e si possono confondere; si combatte senza capire; anche quando le armi tacciono comunque l’ingiustizia si ripresenta subito sotto altre spoglie.

    Lo scrittore mostra con grande bravura descrittiva le stesse terribili verità che lo porteranno al carcere e alla morte, colpevole in quanto difensore disarmato degli Ogoni contro i soprusi dei petrolieri: la Shell in testa ma anche l’italiana Agip, come ricorda Itala Vivan in coda alla prima edizione del libro: i veri burattinai di ogni dittatura militare in Nigeria.

    Un romanzo necessario, capace di alternare sempre il registro tragico e quello comico, i tempi lentissimi del villaggio e poi quelli frenetici dei combattimenti o delle fughe rocambolesche.
    Ken Saro-Wiwa ci porta nel cuore profondo della Nigeria ma in realtà nel cuore profondo di ogni guerra, ricordandoci che le guerre sono tutte uguali!!!

    Sozaboy ci fa entrare con grande abilità nella testa di un protagonista ingenuo fin quasi alla buffoneria: un disperato anti-eroe che, vedendo per la prima volta un bombardamento, ride istintivamente di quegli aerei che cagano cose per scoprire pochi istanti dopo che dal cielo sta piovendo LA MORTE.


    9 settembre 2024 | Scritto da: bottegadellasolidarieta | Tag:

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